Ma più che da molte parole, che pure sono
necessarie e per le quali non mancano occasioni, a me pare che la sintesi
politica migliore si possa cogliere nella prima giornata di presenza di Papa
Ratzinger a Milano, nello straordinario confronto fra il discorso di Giuliano
Pisapia in piazza Duomo e la vera e propria risposta del Pontefice al Teatro
alla Scala.
Il sindaco ha porto la mano della comunità civica
milanese, con le sue complessità, i suoi problemi e le sue diversità, portando a
esempio il lavoro di quest’ultimo anno a Milano, con una collaborazione tra
persone e istituzioni che, senza nascondere le differenze, ritrova nel concetto
di bene comune il minimo comune multiplo che ha già permesso un radicale cambio
di clima in città; papa Benedetto XVI ha colto con l’esempio laico di Toscanini,
nel suo ritrovare la “nostra Scala”, il senso del civismo milanese
accompagnandolo al sofferto e bellissimo appello al “Dio vicino di cui abbiamo
bisogno” per ricostruire un cammino di speranza per tutti, come avvenne nel
’46.
Come tante volte abbiamo detto, Giuliano Pisapia
ha aperto a Milano una nuova stagione di collaborazione fra riformismo laico e
cattolico, relegando ai margini l’inconcludente mix tra radical chic novisti ed
estremismo parolaio diventato malattia senile della sinistra, nella lucida
convinzione che i periodi di crescita, sviluppo e innovazione della nostra città
hanno sempre coinciso con questa situazione politica e culturale.
La Chiesa milanese ha colto la straordinaria
occasione dell’evento mondiale della Famiglia per mettere platealmente al
margine, con il massimo avallo possibile, la fazione fintamente sanfedista e
baciapile che ha governato Milano e la Regione nell’ultimo ventennio, che ha
prodotto solo una grottesca situazione di vizi privati e pubbliche finte virtù,
tronfie dichiarazioni di facciata e una logica del massimo comun divisore per
tutti tranne che per chi pensava alla privatizzazione del potere fino alle sue
più minute manifestazioni.
È purtroppo inutile sperare che la politicamente
inesistente opposizione in consiglio comunale capisca il messaggio fin troppo
chiaro recapitato anche attraverso le scelte della regia del cerimoniale che,
secondo i dettami di una scuola millenaria, non lascia mai niente al caso. I
produttori di comunicati stampa sulle “mazzate a Milano” o gli utilizzatori di
molte tonsille e poco cervello (politico, ovviamente) continueranno imperterriti
a denunciare oltraggi e gaffes di Pisapia facendo finta di non capire che il
riconoscimento reciproco di agire in ambiti diversi permette, come naturale in
una comunità laica e rispettosa delle differenze di opinione e sensibilità, di
rendere le differenti opinioni sul registro delle coppie di fatto un argomento
minimo rispetto alla convergenza sul valore della famiglia e del nucleo
convivente come cellula fondamentale del tessuto sociale.
Questo atteggiamento renderà ancora, purtroppo,
l’assemblea del Consiglio comunale un luogo marginale e inutile, riducendolo a
essere un problema di “gestione d’aula” e non di confronto politico, facendo
mancare, colpevolmente, il possibile apporto che tradizionalmente i consiglieri
comunali, soprattutto quelli di prima nomina, hanno dato nella sua gloriosa
storia che vedeva già nel Settecento fra i suoi protagonisti i fratelli Verri e
Cesare Beccaria, mica Masseroli o De Corato!
In un anno il mondo politico ed economico
milanese è cambiato in maniera inaspettata e totale, così come quello nazionale
e internazionale, ponendo nuovi e drammatici interrogative e urgenze. La
“rivoluzione arancione” di Pisapia si è trovata a essere uno dei pochi punti
fermi in un mare di incertezza che ha travolto tutto, dai partiti ai governi
alle imprese e al mondo finanziario: si pensi al fatto che proprio nei giorni
del Papa a Milano nella “curia” finanziaria delle Generali in piazza Cordusio si
è consumato un altro “complotto” degno di Dan Brown i cui esiti ancora
imprevedibili potranno influenzare anche drammaticamente la situazione del
nostro Paese (solo per memoria, le Generali detengono più di 50 miliardi di euro
del debito pubblico italiano…).
La grande soddisfazione per quello che è stato
fatto in un anno deve lasciare subito il posto alla preoccupazione per il
moltissimo che c’è ancora da fare a Milano, ma soprattutto per le nuove grandi
responsabilità politiche che tanti al di fuori della nostra città, a partire
dalla nostra Lombardia, stanno caricando, attraverso attestazioni di fiducia e
attesa, sulle spalle del nostro Sindaco Giuliano Pisapia e sul movimento
creatosi a Milano.
Prossima tappa, anzi “tappone dolomitico”, la
Regione Lombardia, dove la formidabile imitazione di Crozza ha seppellito il
presidente Formigoni con una risata prima e meglio della politica e della
cronaca giudiziaria e di costume. Ma di questo avremo modo di riparlare.
Franco D’Alfonso